maria, angelina e rosalia di girolamo

martedì 11 dicembre 2012

qualcuno era comunista-giorgio gaber





Uh? No, non è vero, io non ho niente da rimproverarmi. Voglio dire non mi sembra di aver fatto delle cose gravi.
La mia vita? Una vita normale. Non ho mai rubato, neanche in casa da piccolo, non ho ammazzato nessuno figuriamoci, qualche atto impuro ma è normale no?
Lavoro, la famiglia, pago le tasse. Non mi sembra di avere delle colpe, non vado neanche a caccia.
Uh? Ah, voi parlavate di prima. Ah ma prima, ma prima mi sono comportato come tutti.
Come mi vestivo? Mi vestivo, mi vestivo come ora… beh non proprio come ora, un po’ più… sì jeans, maglione, l’eskimo. Perché, non va bene? Era comodo.
Cosa cantavo? Questa poi, volete sapere cosa contavo. Ma sì certo, anche canzoni popolari, sì…"Ciao bella ciao". Devo parlar più forte? Sì, "Ciao, bella, ciao" l’ho cantata d’accordo e anche l’Internazionale, però in coro eh, in coro.
Sì, quello sì, lo ammetto, sì, ci sono andato, sì, li ho visto anch’io gli intillimanni, però non ho pianto.
Come? Se in camera ho delle foto? Che discorsi, certo, le foto dei miei genitori, mia moglie, mia…
Manifesti? Non mi pare. Forse uno, piccolo però, piccolino: "Che Ghevara". Ma che cos’è un processo questo qui?
No, no, no, io quello no, il pugno non l’ho mai fatto, il pugno no, mai. Beh insomma una volta ma… un pugnettino rapido proprio…
Come? Se ero comunista? Eh. Mi piacciono le domande dirette. Volete sapere se ero comunista? No, no finalmente perché adesso non ne parla più nessuno, tutti fanno finta di niente e invece è giusto chiarirle queste cose, una volta per tutte, ohhh.


Se ero comunista? Mah? In che senso? No voglio dire…


qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.
Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà… la mamma no.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il "Paradiso Terrestre".
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto un’educazione troppo cattolica.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche… lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché: "La storia è dalla nostra parte!".
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.
Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la borghesia - il proletariato - la lotta di classe. Facile no?
Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopo domani sicuramente…
Qualcuno era comunista perché: "Viva Marx, viva Lienin, Viva Mao Zetung".
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.
Qualcuno era comunista perché guardava sempre RAI TRE.
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto.
Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.
Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il "materialismo dialettico" per il "Vangelo secondo Lienin".
Qualcuno era comunista perché era convinto d’avere dietro di sé la classe operaia.
Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.
Qualcuno era comunista perché c’era il grande Partito Comunista.
Qualcuno era comunista nonostante ci fosse il grande Partito Comunista.
Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio.
Qualcuno era comunista perché abbiamo il peggiore Partito Socialista d’Europa.
Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi solo l’Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant’anni di governi viscidi e ruffiani.
Qualcuno era comunista perché piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica, eccetera, eccetera, eccetera.
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché era disposto a cambiare ogni giorno, perché sentiva la necessità di una morale diversa, perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.


Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No, niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare, come dei gabbiani "ipotetici".


E ora? Anche ora ci si sente come in due, da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si era rattrappito.


Due miserie in un corpo solo.


dal web

lunedì 10 dicembre 2012

a scricciola che si mette a sorridere



avrà trovato enzo e stanno da qualche parte in giro su una guzzi rossa...

vi verrò a prendere





Vi verrò a prendere
Perché mi volete morto.
Mi avete tolto il lavoro
La salute
La gioia
E neppure mi conoscete.
Volete artigliare tutto
Lo dite con la vostra grammatica imprecisa
Lo capisco dalla vostra logica micidiale.
Mi avete mantenuto ignorante
Prosciugandomi le parole
In cambio di un lavoro suicida.
Mi avete costretto a mantenere voi
E le donne della vostra razza.
Ho dovuto comprarvi la fabbrica
Le scuole, gli ospedali
Gli stadi, le case, le banche
E voi li avete smontati pezzo a pezzo
Lasciandomi la strada per urlare elemosine.
Umiliate la mia donna, i miei figli
Costretti a vivere all’inferno
In cambio di un paradiso straccione e da bordello.
Avete addestrato all’odio altri me stesso
Mandandoli in piazza a darmi la caccia
E tenendo le vostre facce dietro le finestre.
Alimentate terrore, ansia, incubi del peggio a venire
Finché  non mi convinco che senza non posso vivere.
Siete il mio cancro quotidiano
Il veleno del mio cielo
Tutto col mio permesso rassegnato.
Per questo e tanto altro ancora
Vi verrò a prendere
Con mani, denti e pallottole
E la mia incivile giustizia.
Vi verrò a prendere scordandomi Gandhi
Perché so che solo da morti non fate male
E vi ucciderò anche nel mio ricordo
Sputando sulle vostre tombe
E voltando le spalle a qualsiasi pietà
Vi verrà di chiedere.


baldo dodicidicembreduemiladodici

storia di isabella




Storia di Isabella


Le 4 del mattino hanno sapore di vestaglia e dentifricio.
Le mani accarezzano colazioni per otto occhi addormentati.
Poi le tue gambe già fuori a correre
Il bar Kelly aspetta
E nessuno ti chiede da che metro sei scesa
Se tuo marito ha lavoro
Quanti giocattoli mancano ai tuoi figli.
Non scoprono dentro il cappuccino
Il sapore del tuo pane e dignità.
Faith lo sa che stai male
E tu le insegni a fare dolci.
E pensi al tuo uomo
Alle sue grandi braccia disperate
Ai tuoi figli.
Per loro scrivi:
“Una donna il suo gioiello più prezioso non lo indossa,
lo mette al mondo”
e conosci solo la guerra quotidiana
per affitto, luce, scuola
con un cuore che insegue la vita
ma vorrebbe riposare un poco
stancarsi di carezze e sorrisi
ma che vuoi sorridere
quando questo stato di pupazzi
non sa, non vuol sapere che esisti
che sei donna e madre
che raschi la miseria in silenzio
coi tuoi bambini, le loro braccia attorno.
34 anni, a mordere la vita
Parare colpi e indifferenza
Pulita come quel mare davanti la tua casa.
Quel mare che è arrivato ai tuoi piedi
Per baciarli
Mentre il tuo giorno finiva
Seduto su una panchina
11 giorni fa.


baldo 29novembre2012

A Isabella Viola. Morta di fatica. A 34 anni. Questo è osceno…

Grazie a Enrico Fierro, che ne ha scritto sul fatto quotidiano il 29 novembre 2012.