maria, angelina e rosalia di girolamo

mercoledì 29 febbraio 2012

il bacio

Non lo avevo mai visto così ubriaco, o almeno, così sciolto nella sua ubriachezza.era tornato a casa dopo un pranzo di compleanno che durava da sei ore.dondolava nel suo sorriso.salutò e chiese un bacio alla moglie.non il solito bacio di saluti.voleva un bacio vero sulle sue labbra, sulla sua lingua, sui suoi denti avvinazzati.lei non era d'accordo, non era ubriaca, né disposta a baciare in pubblico a quel modo e poi non si sentiva bene.ma lui un bacio voleva e vide Cloe, che seduta accanto a me, guardava un film in televisione.quindi chiese un bacio a lei.lo chiese a parole e poi cercò di averlo coi fatti.Cloe lo baciò sulla guancia ma quando le mani di lui, mani alcoliche e piene di intenzioni, le si avvicinarono, si mise rigida, come spine di riccio.tutto mentre ridevamo.la moglie lo prese per la cintura, da dietro, e lo tirò momentaneamente via.ma quella sera teneva il bisogno, l'urgenza, la voglia di un bacio.lo cercò ancora nel posto più facile, ma lei, seria, continuava a tenerlo distante e lui tornò verso me e Cloe e riprese il gioco.Cloe, che gli voleva bene, non trovava parole per toglierselo dai piedi e usava le mani, promettendogli un calcio sulle palle e ridendo.si prese due:"stronza, non capisci niente, non ti serve a nulla leggere quanto leggi, se non puoi baciarmi", ma detto più con tristezza e desiderio che con rabbia.mise musica mariachi ad alto volume e a quel punto il film in televisione non aveva senso guardarlo; c'era lui, la sua sbronza, la sua danza solitaria da uccello ubriaco e il bisogno enorme di un bacio,di un seno da toccare, di un culo da stringere.non gliene fotteva nulla del posto, di chi fosse lì, di chi lo avrebbe baciato.la moglie, Cloe, io o Bruno, che era appena arrivato.
                                                              un bacio
voleva quello, per l'insopportabile solitudine in cui si era cacciato, per tutte le volte che gli era stato rifiutato, per il suo letto freddo, per l'atroce distanza che lo divideva dalla moglie, perchè il suo corpo era stufo di stare alla periferia del suo cervello; per i suoi bisogni e sentimenti.per tanto altro ancora.e non c'era nessuno a darglielo e non per cattiveria ma per onestà.nessuno se la sentiva.
e allora ballava con l'aria, schivando sedie e divano e tornando a chiedere a Cloe e poi a Teresa, che lo aveva appena visto.ma Teresa ballò tenendolo di fianco perchè lui mimava di scoparsela, muovendo avantindietro il culo.riuscì solo a stringerle un seno, sotto lo sguardo offeso di sua moglie.poi ritornò alla sua teoria libertaria in quel momento, secondo la quale tra amici può e deve succedere di tutto.questa era la sua polpa di ostrica quasi sempre chiusa.a lui non importava che la donna lo volesse, bastava il suo di desiderio, ma solo perchè in qualche altro momento le sue amiche avrebbero potuto chiedergli le stesse cose, e lui avrebbe ricambiato tutto, anche in momenti in cui la voglia fosse mancata.era la sua teoria del bisogno, che da qualche profondità veniva a galla trasportata da una grande corrente alcolica.
le donne rispondevano, dicendo che a lui non avrebbero potuto chiedere un bacio col risucchio, in un posto pubblico, quando quella sbronza fosse passata.lui parlava di farlo in privato, mica in pubblico e noi eravamo il suo privato, le persone che assistevano e partecipavano al suo sputtanamento.
e io pensavo allora a quella solitudine dichiarata, a quelle parole bisognose e mi veniva malinconia di lui, della sua vita e della mia che non sapeva e poteva dargli un bacio.lo vedevo come uno dei tanti esempi di tristezza orgogliosa e debole, di abbandono non voluto.e lo sentivo più vero, senza la maschera allegra di altre volte, di altre sbronze.e,anche adesso, non so dire se fosse giusto negargli un bacio, un seno, un culo e qualche metroquadro di pelle da accarezzare,da baciare.
ma è quello che nessuno fece quella sera, aspettando che tornasse normale, che la musica lo calmasse, che il sonno e la stanchezza ci levassero dal cuore lui e il peso dichiarato del suo bisogno.

baldo autunno millenovecentonovantasei

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