maria, angelina e rosalia di girolamo

lunedì 12 marzo 2012

Lanzetta e De Luca raccontano Napoli.e si raccontano

 

Rovistando tra carte, libri, appunti, fogli di un disordine abituale ho trovato una lettera che mi spedì anni fa il mio scrittore italiano preferito, quell'Erri De Luca schivo e profondo, autore tra l'altro di "Aceto, Arcobaleno", diventata mia bibbia, mia compagna di notti insonni, mia sorella. Mi fa piacere renderla pubblica:
Caro  Peppe
tu sei il solo napoletano che abbia davvero voluto qualcosa da me, che si sia rivolto a me con così forte fiducia e affetto. Non ho meritato la tua premura, sono un disertore del mio luogo di nascita e del suo tempo più infame, che fu il dopoguerra e gli anni dell'oltranza laurina.
Non ho avuto amici nella città lasciata a diciotto anni, mi sono procurato, nei ritorni di passaggio, un salvacondotto da appestato, prima operaio poi scrittore, prima rivoluzionario ora spedizioniere di Bosnia, niente che somigli al luogo e al suo bisogno di fraternità. Tutta la mia lealtà si è svolta altrove. Perciò mi tocca forte il tuo pensiero di chiedermi qualcosa, di accogliermi nei confini della tua città nuova, che attraverso di te ho conosciuto dietro una tenda di polvere e rumori, occhi stretti e orecchie arroventate dalle percussioni. All'inizio non ti volevo credere, non volevo sapere che la maledizione locale fosse comparabile a quella d'altri luoghi, Bronxs, Messico e altre latitudini della malora. Poi ho capito, tu hai preteso questo, che solo accettando il conto internazionale delle vite uniformemente distrutte per niente, in tutte le periferie del mondo, disfatte senza alcun tentativo d'essere esempio, senza alcun delirio o desiderio di grandezza, ecco, solo dall'internazionale dello scempio, dall'impasto di tutti i suoi luoghi di martirio minore, si poteva risalire ai connotati tumefatti della città nuova. Napoli non più coccio di Giobbe per grattarsi rogna, non più frammento sacro e immondo, ma grugno di una maschera di pugni, recenti, droga, camorra, sviluppo di mezzogiorno e vita di mezzanotte, trovar lavoro come farsi preti tanto è in crisi la vocazione di una società convento.
Tu hai scritto dai muri, dal materiale organico che svapora dai Poggioreale d'entroterra da dove il mare è il nome di un deserto. Hai scritto come un mulo sotto il basto, caricato a sale da tutte le vite che lasciano in terra solo questo residuo (tu sai che siamo fatti di fiato e sale, non di polvere), hai scritto come il sasso che non vuole solo portare il messaggio d'un foglio, ma anche rompere il vetro.
Allora non somigli a nessuno ed è la cosa più difficile da dimostrare ai giovani che ora bussano alla tua porta e che vogliono prenderti a modello di scampo. Nessuno scampa sulla scia di un altro. Forse già senti la pressione di chi ti addebiterà un suo fallimento, forse ti senti già responsabile di loro.
Libertà non è poter fare ciò che si vuole, ma quello che si deve, procurarsi i mezzi per non sfuggire al proprio dovere, che si presenta a volte sotto la specie dello sbaraglio. Solo tu puoi sapere, ammettere, che quello sbaraglio era in fondo la via più sicura. Tu hai fatto un tuo passo d'uomo nel mondo, lontano dal mio, col quale io mi sento in vincolo fraterno per il fatto che è interamente tuo, per accidente, avventura, e buona volontà. Dovevo scriverti qualcosa del genere da tempo.
Allora approfondisci, estendi e fa che dilaghi la tua umanità, che è il solo modo per dare qualcosa agli altri, qualcosa che non conoscono e che poi riconoscono.
Non hai bisogno d'altro vento e d'altro augurio.
Tuo Erri.

Caro Erri...
dopo più di dieci anni mi è capitata tra le mani la tua lettera, quella lettera bellissima che mi scrivesti dopo l'uscita di Incendiami la vita e che io ho regalato ai miei amici di Progetto Campania anche affinché certe parole spese non restassero nel buio di un cassetto.
Mi veniva da fare qualche considerazione su quello che è diventata in questi anni la nostra città, la città della quale come dici tu sei scappato e nella quale io ho deciso di rimanere come unico posto al mondo, nel bene e nel male, dove sono riuscito a trovare una inquieta pace dannata.
Mille volte sono scappato ma mille volte sono ritornato forse perché questo magma dell'anima aveva bisogno di questo caos per poter far bruciare rabbie e dolori, malinconie e interasmi, poesia e voglia di vivere.
Con l'editoria credo di essermi fatto male, ma in realtà più male dei vantaggi che ho avuto. Certo ora c'è una banda di giovani scrittori che si autoproclamano Lanzettiani e questo mi fa onore ma al contempo il meglio del meglio dell'energia che ho profuso nelle pagine rispetto a quello che è il mercato, l'industria culturale mi ha provocato forti malumori e diciamo pure che ha disatteso le mie aspettative. 
Non la leggere come una affermazione depressiva, leggila come un atto di coraggio.
Certo forse per le cose che scrivo non mi potevo aspettare eccessive lusinghe da un sistema/potere che forse alle voci libere e alle teste pensanti cerca di mettere il bavaglio. Però sono contento, anzi di più che tu sia riuscito a scardinare abilmente questa porta e soprattutto che all'estero (Francia in particolare) la tua voce sia molto apprezzata.
Ultimamente ho riparato sul teatro, immaginando di far incontrare Brecht e Viviani nelle acque melmose del Volturno magari che mangiano insieme una mozzarella. Ho cercato di racchiudere ulteriormente il mio rapporto di odioamore con NapoliMedea in questo spettacolo chiamato Opera di periferia che vede in scena una vetrina di attori di cui almeno dieci sono ragazzi alle prime armi e con una grande voglia di tuffarsi nel mare per loro non inquinato ancora dello spettacolo/Giostra/Balena, per intenderci quello che lusinga e che poi si vende per una velina, per un pizzico di cocaina, per un passaggio in televisione e altre banalità del genere. Di tanto in tanto rileggo ancora le pagine di Aceto Arcobaleno, il tuo libro che mi ha segnato e mi piace molto il fatto che tu abbia poi di volta in volta scelto di pubblicare ancora con piccoli editori come Dante e Descartes a cui hai dato cose pregevolissime.
La mia, la nostra città è peggiorata e tu questo lo sai ma chi ha scelto di viverci proprio ora non può gettare la spugna.
Io ho molta fiducia nei giovani e mi piace molto che l'assessore Corrado Gabriele mi abbia voluto inserire nel progetto Scuole Aperte, almeno quando posso ho l'opportunità di avere a che fare con giovani dai quali peraltro apprendo sempre cose molto stimolanti.
In attesa di rivederti, ti abbraccio attraverso queste righe affettuosamente.
Tuo Peppe.

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