Non so dirti di che colore fossero i suoi occhi,non li ricordo.Se neri o celesti,se verde miele o castani.Nè ricordo ancora se da quegli occhi partissero linee sulla sua pelle.Veramente non mi rimane traccia in memoria sulla loro forma.Delle mani sì.Qualcosa della pelle macchiata da isolette marroni e piccole vene celestine,come ruscelli."E' il fegato,sono macchie di fegato" mi diceva.Poi le posava sul mio viso,come se il tocco delle due pelli fosse capace di impressionare fotograficamente la pellicola della sua memoria.Ma erano i segni di quello sguardo,semplice come un orizzonte,che mi facevano sentire profumo e suono della sua vita.Dormivamo insieme nelle notti d'estate e credo che mi aspettasse sveglia,col corpo avvolto nel cuore della notte,quando tornavo tardi,stanco e felice di lei,di quella casa dove viveva da sola.
Allora mi spogliavo piano e al buio,in silenzio,infilavo il lato del letto vuoto.Poi erano le nostre mani a cercarsi,a salutare un'altra notte.Stringevo la sua con forza e delicatezza e mi sentivo guardato.Uno sguardo che non aveva bisogno di luce per essere visto.Guardato,in siciliano,ha il significato di "custodito".E lei così mi guardava.
Io chiudevo gli occhi,che nel buio non mi servivano,e concentravo l'attenzione sulla pelle,il suo odore,la sua consistenza: forza e poesia.E alle mie orecchie arrivavano bisbigli.Erano le sue preghiere,per me,per lei,per tutti quelli vivi o morti che teneva a mente.A me,ateo senza il suo dio,ogni notte mi metteva sotto le ali dei suoi angeli,perchè ci credeva,le erano familiari,più di quanto il sole lo fosse per me.Era la voce notturna della Sicilia,un'isola di carne ed ossa che si sdraiava accanto a me.E scoprivo che non c'erano paure in quel buio,che nell'armonia della sua semplice vita i diavoli potevi prenderli per la coda,giocare con loro,perchè si erano arresi al suo sorriso,al significato del suo vivere,alla consistenza inattaccabile della sua anima.Perchè era riuscita in qualcosa di impossibile a me: si manteneva semplice come una pesca.Un frutto vivo.Il gesto esatto e chiaro di ogni suo movimento,di ogni sua carezza.
I suoi discorsi,in cui metteva poche parole,come se il suo cuore le scegliesse,una ad una,e trovasse le più buone e colorite.Semplice come un prato.
Non l'ho mai imparato,non ho mai rispettato il sacro che c'è in ogni parola.I miei fiumi verbali sono storti,con rapide,cascate,acqua bianca,quando il suo era così trasparente da sembrare favola.
L'ho amata,l'amerò sempre,come un mare,come una collina o un panorama del mio cuore.E la sento viva in me anche se solo una notte l'ho sognata,anche ora che la sua casa è piena di polvere.E' memoria mia e quando è morta si è alzato il vento di luglio mentre suo figlio metteva una mia poesia nelle sue mani.
E queste sono le parole del ricordo di lei,di mia nonna Maria Di Girolamo.
Una donna di Altofonte,una donna della mia vita.
5 Aprile 95
Gioia,
RispondiEliminacome ti dico sempre leggere le tue cose mi fa venire sempre qualche lacrimuccia, ho il cuore troppo tenero, mi dicono, e non ci posso fare niente ma so che nonna Maria, come la maggior parte di persone che amiamo e che abitano ad Altofonte, era ed è una persona unica che mi ha insegnato ad essere quella che sono e se mi sembrava che fosse così fragile, perchè minuta, ha avuto una forza incredibile nell'allevarci e nel permettere a mamma di continuare, pur nelle vicessitudini, a vivere la sua vita.
Siamo fortunati, Baldo, ad avere quei familiari ed io sono fortunata ad avere un fratello come te. A proposito, auguri mio dolce fratellino. Ti auguro un mondo di bene e, purtroppo per te, dovrai ancora sopportarmi. Baciotti. Lilli