«Vogliono comprarsi la mia vita» disse Occhibelli a Vanessa. Una breve comunicazione telefonica su un cellulare dove lui aveva trovato un mare di messaggi: di lei che lo coccolava, del mondo che voleva qualcosa da lui. Ma lui era un sognatore, dipingeva da Dio, ma i mercanti dell´arte erano in agguato. Comprare, vendere, aste, New York, Parigi, Milano. Soldi soldi soldi. Quello che lui voleva aveva il sapore del mare in un vecchio gozzo sul porto di Pozzuoli, quell´aria salata che albergava dietro il piccolo albergo della darsena. Vanessa quel giorno era triste perché Occhibelli stava male e non riuscivano a vedersi. Perché lui quando era così non voleva farsi vedere da nessuno tanto meno da lei che era un fiore di vita, di bellezza, di gioventù.
Ma lei già lo aveva capito. Gli aveva saputo leggere nel cuore, nell´anima, più in giù. «Mi ero fatta bella per te, ho anche una stupenda scollatura».
Era stata una giornata mozzafiato, come se settembre avesse chiesto il permesso alla più bella giornata dell´estate per presentarsi o per congedarsi.
L´aria calda, le ragazze con i top, gli ombelichi in evidenza, la frutta di stagione che non voleva andar via e campeggiava sui banchi di un mercato che sembrava riflettersi nell´acqua di mare. Un camion si imbarcava su un traghetto per l´isola, delle persone anziane ferme a osservare quella vita fatta di piccole manovre, a perdersi nelle lenze di pescatori alla buona, un ritmo sonnolento, fuori dalla grande e tentacolare città che invece correva correva come i cavalli al palio e non sentiva più la musica del mare, non aveva occhi per guardare le onde stanche che si infrangevano sommessamente su quel molo scuro, saraceno, arabo, forte, tenero, che saliva, scendeva come un umore di una vecchia comare, una matrona con le cosce spalancate che compra e vende soldi.
Avrebbe voluto vedere Vanessa quel giorno Occhibelli, s´era preparato per lei, ma dentro era roso da una malinconia che gli bloccava le membra, eppure la vita era dentro di lui, in ogni centimetro della sua pelle ancora abbronzata, nei suoi piedi e sulle sue labbra che facevano impazzire Vanessa. «Fottitene di tutti, ti prego, viene da me, anche se oggi ho l´herpes. Avevi detto che mi avresti presa a morsi, dove è quella voglia, quell´impeto?». «Ho bisogno di stare solo con me» disse lui. «Con il mio sacchetto di frutta e la musica del mare».
Vanessa aveva fatto un viaggio per lui, era sulla collina della città tormentata e guardava il cemento ai suoi piedi, sarebbe andata a una cena dove i suoi occhi non avrebbero visto nessuno, la sua mente non avrebbe memorizzato alcun discorso, cercava solo lui, i suoi occhibelli, il suo odore, il suo sapore.
«Ti prego non te ne andare da me» gli disse come una bambina, come una farfalla su un fiore, come una ninfa che non sa e non può allontanarsi dal corpo del suo amato. Ma lui ormai già era andato. Anche se quella notte l´avrebbe passata a leggere i messaggi che lei impetuosamente gli mandava sul cellulare.
Dinah Washington cantava "Blue Gardenia" sulla sera già notte di Occhibelli che non aveva capito ancora e non l´avrebbe mai più capito che la sua vita, la sua arte per gli altri era merce, come frutta che lui aveva comprato, come le scarpe che s´era messo ai piedi. Lui non lo voleva capire, Vanessa non lo avrebbe mai saputo, perché quando si erano conosciuti avevano fatto un patto: non ci diciamo niente di quello che siamo, delle nostre storie, delle nostre vite. Ci amiamo soltanto. Era un ultimo tango, magari a Pozzuoli.
agosto 2006
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