L’appello
Chi ha memoria storica e
consapevolezza culturale sa che la storia del nostro paese è anche la storia di
poteri criminali che ne hanno condizionato lo sviluppo sociale, politico ed
economico.
Chi ha una coscienza morale
e professionale e il coraggio di non rassegnarsi a quello che è accaduto ed
accade nel nostro Paese, ha il dovere civico di associare il proprio impegno
professionale e culturale alla difesa intransigente dei valori costituzionali e
di opporsi al rischio di un progressivo svuotamento dello statuto della
cittadinanza che, lasciando spazio al crescere di una rassegnata cultura della
sudditanza, determina il degrado del vivere comune a causa del proliferare di
sopraffazioni, arroganze e cortigianerie interessate.
Chi, oltre a possedere
quella coscienza e quel coraggio, può spendere la credibilità di una vita
passata a combattere i poteri criminali, ha il dovere e il diritto di marcare
la differenza tra l’agire autenticamente democratico e quello di chi si adatta
alle situazioni e preferisce il vivere mediocre che supporta e stabilizza le
ingiustizie e le mistificazioni.
E’ il dovere della verità e
della conoscenza ciò che qualifica la statura etica della persona, qualunque
sia la sede o il contesto in cui si concretizza la sua esistenza.
La verità e la giustizia
insite nella coscienza, nel coraggio, nell’impegno di ogni cittadino non
possono essere fonte di equivoci o divenire espressione di un sapere egoistico
in quanto socialmente limitato. Esse devono, invece, manifestare il pregio
della chiarezza, della trasparenza, del riconoscimento, anche ricordando quanto
la fatica giurisdizionale ha accertato nell’interesse primario del sapere
collettivo.
Il 19 luglio 2012 Roberto
Scarpinato ci ha ricordato la coscienza, il coraggio, l’impegno per la
giustizia e la verità di Paolo Borsellino, il quale, esponendosi in prima
persona, denunziò pubblicamente più volte come per mobilitare tutte le migliori
risorse della società civile nel contrasto alla mafia, fosse indispensabile
ripristinare la credibilità dello Stato minata da quanti, pur ricoprendo
cariche pubbliche, conducevano tuttavia vite improntate a quello che egli
definì il “puzzo del compromesso morale che si contrappone al fresco profumo della
libertà”.
A venti anni dalla strage
di via D’Amelio restano, purtroppo, attuali le sofferte parole che Paolo
Borsellino, esempio illuminante di uomo di Stato, dedicò a questo tema e
ricordate da Roberto Scarpinato: “Lo Stato non si presenta con la faccia pulita
.. Che cosa si è fatto per dare allo Stato.. una immagine credibile?…. La vera
soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più
credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni“.
“No, io non mi sento protetto dallo Stato perché quando la lotta alla mafia
viene delegata solo alla magistratura e alle Forze dell’Ordine, non si incide
sulle cause di questo fenomeno criminale”.
Lo scritto di Roberto
Scarpinato, nella forma di una lettera ideale, così come gli era stato
richiesto dai familiari di Borsellino, è stato un omaggio alla verità ed alla
giustizia, un ringraziamento a Paolo Borsellino, un corrispondere a un debito
di riconoscenza che mai salderemo del tutto.
E’ stato l’espressione
concreta del dover essere al servizio della comunità attraverso una
partecipazione “alta” alla vita della “polis”, finalizzata alla consapevolezza
e alla responsabilizzazione critica di ogni cittadino.
Le parole di Roberto
Scarpinato, nell’esaltare la cultura delle Istituzioni, sono state anche
esempio di adeguatezza comunicativa: hanno assolto al dovere di comprensibilità
verso chi ha meno presidi culturali, senza abbassare il sentimento di autentica
giustizia, che troppo volte viene eluso preferendo la comodità del linguaggio
autoreferenziale dei pochi, insensibile al desiderio di conoscere e di crescere
culturalmente dei molti.
Il suo discorso non ha
seguito la celebrazione del “mito” di Paolo Borsellino, tranquillizzante nella
sua fissità sterile, ma ha voluto indicare l’Uomo e il Magistrato come
suscitatore di coscienze profonde che avvertono l’ineludibile necessità di
pensare e di agire nella prospettiva di un positivo cambiamento comune.
Abbiamo appreso dalla
stampa che, a seguito della lettera dedicata da Roberto Scarpinato a Paolo
Borsellino, è stata aperta presso la Prima Commissione
del CSM una pratica per il suo trasferimento di ufficio e che la richiesta di
apertura della pratica è stata trasmessa dal Comitato di presidenza del CSM
alla Procura generale presso la
Corte di Cassazione per eventuali iniziative disciplinari.
L’Associazione Nazionale
Magistrati, il 26 luglio 2012,
ha espresso sorpresa e preoccupazione per tale
iniziativa ritenendo che quel discorso non possa essere inteso che come
“manifestazione di libero pensiero, quale giusto richiamo, senza riferimenti
specifici, nel ricordo delle idee e delle stesse parole di Paolo Borsellino,
alla coerenza di comportamenti ed al rifiuto di ogni compromesso, soprattutto
da parte di chi ricopre cariche istituzionali”.
Il discorso di Roberto
Scarpinato, a nostro parere, merita di essere diffuso, nelle istituzioni e
nelle scuole, tra i concittadini onesti ed impegnati. A titolo di merito per
chi ha ricordato un pezzo della nostra storia con la credibilità del proprio
passato. Come monito alle tante persone che si stanno formando una coscienza
civile o a quelle che possono cedere alla tentazione della disillusione, e come
esortazione a tener sempre un comportamento esemplare e onesto nell’interesse
Stato democratico e costituzionale.
Non si tratta di discutere
solo della possibilità di un magistrato (dell’autorevolezza di Roberto
Scarpinato) di esprimere le proprie opinioni con la ponderazione e lo scrupolo
che derivano dalla delicata funzione svolta, ma anche di assicurare alla
collettività italiana il congruo bagaglio cognitivo ed etico.
C’è necessità di parlare
con quella che i greci chiamarono “parresia”, ovvero con la libertà e il dovere
morale di chi non teme di urtare la suscettibilità di alcuno perché non prevede
di aver benefici o debiti nei confronti del Potere.
Per questi motivi facciamo
nostre le nobilissime parole della lettera di Roberto Scarpinato a Paolo
Borsellino.
A cura di Liana Milella
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