L'irrequietudine è la nostra pace: non offendiamo la
vitalità bellissima dell’infanzia e dell’adolescenza
di Marco Lodoli
ESSERE RONDINE
Sgorgano
l’una dall’altra
esse, traboccano
fuori dal loro primo caldo gruppo l’una
dopo l’altra, disfano
le loro rapide pattuglie
sbandando sotto la loro impavida veemenza
ed eccole si lanciano,
nero zampillo ricadente,
su, alte nell’aria, ma poco –
è solo
un primo assaggio
quello, un primo guizzo di compressa fiamma
poi allungano
ciascuna più in alto – ciascuna
più, vorrebbe – il loro getto
ma non oltre il perimetro
del loro aereo campo,
non oltre il dominio della loro forza
e toccato quel limite rientrano
planando ad alta quota,
impetuosamente si rituffano
nella conca di quella inesauribile fontana.
Prima parte di “Essere rondine”, essere
giovane nella primavera che esplode e scalda il sangue e mette mercurio nei
pensieri e nelle gambe: Mario Luzi, poeta profondissimo, armoniosissimo,
descrive questa fontana che zampilla nel cielo, questi voli che salgono e
scendono e vorrebbero osare ancora di più, ma già conoscono il limite del
campo, la misura delle proprie forze. E’ una poesia che rileggo spesso,
soprattutto quando aprile, il più crudele dei mesi, inizia a smuovere e a
rigenerare. Leggo e capisco meglio la smania dei miei studenti, che proprio non
ce la fanno a stare compressi tra la sedia e il banco, a recitare l’orrore
dell’immobilità, a punire la nuova tensione che li anima.
Non
ce la fanno e non ce la faccio nemmeno io, guardo la finestra durante l’interminabile collegio docenti,
durante i consigli di classe dove s’ammucchiano chiacchiere inutili, pesanti,
grigie, guardo fuori e sento dentro la vita che salta, che pretende spazio ed
energia, soffro nella reclusione. Dovremmo trovare il modo di usare tutta
questa energia, di far girare le dinamo dell’intelligenza, i mulini del sapere
senza mortificare, senza obbligare e obbligarci a una stasi mortale. E i
bambini stanno a scuola per otto ore, otto ore in una scatola, a scrivere, far
di conto, soffocare. Non dimentichiamo il “grande codice”, così definisce Luzi il ritmo
segreto, la sintassi della natura che si ripresenta in rondini e torrenti e
nuvole e gemme.
Non
offendiamo la vitalità bellissima dell’infanzia e dell’adolescenza, e la nostra
vitalità di esseri inquieti perché vivi, frementi perché curiosi. Per anni ho
cercato nei libri della sapienza orientale, ho praticato la meditazione zen,
sperando di trovare la pace. A qualcosa tutto ciò forse mi è servito, ma sono e
resto un occidentale come i miei giovani studenti, e la mia verità
probabilmente sta nell’ultimo verso di questa straordinaria poesia:
C’è pena
o c’è felicità in quel fervere
o in quell’affannarsi?
Che c’è in quel vorticare
della vita dentro i suoi recinti?
Sono libere
quelle anime,
ma libere di muoversi
a un ritmo segnato…
che dice la molle ricaduta
che cosa la razzante ascesa
e la frenetica frecciata –
si occulta spesso
talora si lascia leggere un pensiero
scritto in ogni parte
in ogni parte operante.
Lo esprimono forse esse,
lo gridano con strazio ed ebrietà,
ne infuriano –
è questo il loro essere rondini,
in quella irrequietudine è la loro pace.
Sono libere
RispondiEliminaquelle anime,
ma libere di muoversi
a un ritmo segnato......
Buona primavera e buon volo!
Grazie Baldo, un bacio
Teresa