Mi manca il canto
sotto questo cielo rosso sangue
tra i corpi a pezzi di gente mai conosciuta
e la loro morte trasformata in parole.
Mi hanno insegnato a non sentirla come morte anche mia.
Vivo in una parte di terra
dove sono padrone di casa, marito, amico e poeta.
Mi concedo occhi liberi di fissare i contorni del potere
e mani che non devono grattare pietre per nascondermi.
Non ho figli mutilati a cui sorridere
per uccidere la loro definitiva malinconia.
Per me le bombe sono parole,
le mine sono solo parole
le donne violentate sono solo parole
le mosche dentro i bambini morti sono solo parole.
La fame, la sete, la disperazione sono solo parole.
Il genocidio, lo sterminio di un popolo sono solo parole.
Il mio silenzio lo pagano il 27 di ogni mese,
il mio guardare senza agire lo pagano in CD, libri e moto nuove.
La mia rassegnazione a seppellire morti su morti
senza nemmeno una promessa,
lo pagano risparmiandomi le loro pallottole.
Sono libero di non reagire,
libero di non sfamare la mia rabbia,
libero di usare il tesoro della mia fantasia
per creare parole d’amore, arcobaleni di vetro,
musiche di tenerezza per affascinarvi.
Mi sento derubato nel mio vivere.
Proteggo i sogni miei e di chi amo,
ai sogni di gente lontana non arrivo.
Non abbraccio le loro speranze tagliate
i loro seni avvizziti
i loro sessi murati alla gioia.
Non mi sporco con il loro dolore di madri vedove
di figli orfani, di padri che chiamano un cielo sordo.
Il mio mondo è così poco,
l’ho fatto così piccolo, che gli basta una spiaggia per vivere.
Non ho diritto a fratelli e sorelle sconosciute
e loro non hanno diritto a me.
Il loro sangue l’ho perduto,
le loro urla silenziose continuano a bussare
alle mie finestre chiuse.
Tutto quello che a loro ho dato
è un cerotto sul cancro,
un po’ di farina
per uno stomaco grande come un vulcano.
E con la loro vita continuano a pagarmi
la libertà di scrivere con inchiostro di veleno.
Con la loro carne, le loro ossa
continuano a tenermi su il cielo.
A me che, dice Peppe,
sono solamente una delle tante
loro vergogne.
A noi che non abbiamo più
nessun diritto al perdono.
sotto questo cielo rosso sangue
tra i corpi a pezzi di gente mai conosciuta
e la loro morte trasformata in parole.
Mi hanno insegnato a non sentirla come morte anche mia.
Vivo in una parte di terra
dove sono padrone di casa, marito, amico e poeta.
Mi concedo occhi liberi di fissare i contorni del potere
e mani che non devono grattare pietre per nascondermi.
Non ho figli mutilati a cui sorridere
per uccidere la loro definitiva malinconia.
Per me le bombe sono parole,
le mine sono solo parole
le donne violentate sono solo parole
le mosche dentro i bambini morti sono solo parole.
La fame, la sete, la disperazione sono solo parole.
Il genocidio, lo sterminio di un popolo sono solo parole.
Il mio silenzio lo pagano il 27 di ogni mese,
il mio guardare senza agire lo pagano in CD, libri e moto nuove.
La mia rassegnazione a seppellire morti su morti
senza nemmeno una promessa,
lo pagano risparmiandomi le loro pallottole.
Sono libero di non reagire,
libero di non sfamare la mia rabbia,
libero di usare il tesoro della mia fantasia
per creare parole d’amore, arcobaleni di vetro,
musiche di tenerezza per affascinarvi.
Mi sento derubato nel mio vivere.
Proteggo i sogni miei e di chi amo,
ai sogni di gente lontana non arrivo.
Non abbraccio le loro speranze tagliate
i loro seni avvizziti
i loro sessi murati alla gioia.
Non mi sporco con il loro dolore di madri vedove
di figli orfani, di padri che chiamano un cielo sordo.
Il mio mondo è così poco,
l’ho fatto così piccolo, che gli basta una spiaggia per vivere.
Non ho diritto a fratelli e sorelle sconosciute
e loro non hanno diritto a me.
Il loro sangue l’ho perduto,
le loro urla silenziose continuano a bussare
alle mie finestre chiuse.
Tutto quello che a loro ho dato
è un cerotto sul cancro,
un po’ di farina
per uno stomaco grande come un vulcano.
E con la loro vita continuano a pagarmi
la libertà di scrivere con inchiostro di veleno.
Con la loro carne, le loro ossa
continuano a tenermi su il cielo.
A me che, dice Peppe,
sono solamente una delle tante
loro vergogne.
A noi che non abbiamo più
nessun diritto al perdono.
baldo 11aprileduemilatre
una prospettiva giusta, reale, crudele...nessuna assoluzione per chi è nato nella parte fortunata del pianeta.
RispondiEliminaSolo una piccola nota personale: a me magari me lo pagassero il silenzio ogni 27 del mese! Divagazione schizofrenica.
Un bacio Ba