maria, angelina e rosalia di girolamo

martedì 10 aprile 2012

se in italia ci fosse un dottor Socrates


di Darwin Pastorin

Abbiamo rivisto il dottor Socrates: la solita barba incolta, la solita sigaretta, il solito sguardo intelligente aperto sulle meraviglie e sulle miserie del mondo. Il dottor Socrates, oggi, a San Paolo del Brasile, gioca a pallone soltanto con gli amici («sempre più rari, sempre più cari», per dirla con Giovanni Arpino): si dedica, piuttosto, a curare i bambini poveri e a mettere alla gogna il pallone degli affari e degli scandali dalle colonne della prestigiosa rivista «Placar». Socrates è stato, nel variegato circo calcistico, un personaggio unico. Un libero pensatore, un filosofo, un uomo schierato a sinistra. Quando giocava nel Corinthians paulista fu il principale artefice della "democrazia corintiana": il primo tentativo di gestire una squadra in maniera sindacale, collettiva. A decidere la formazione erano i giocatori, riuniti in assemblea. Socrates giocava al football in maniera strepitosa: alto, magro, aveva nel colpo di tacco la sua specialità. Un quotidiano brasiliano titolò a nove colonne: "Ecco il tacco che la palla chiese a Dio". Nel mundial di Spagna dell'82, nella fatidica sfida del Sarrià contro gli azzurri del rinato Pablito Rossi, realizzò una rete a Zoff. Alla fine, disse soltanto: «E' una sconfitta, non un dramma. I drammi nella vita sono altri». E parlò delle favelas, dei bambini e delle bambine di strada, del "sertao" (la zona incoltivabile del Nordeste). Venne anche in Italia, nella Fiorentina. Nessuno lo capì: troppo sincero, troppo vero. Soprattutto quando andava nei circoli operai di Firenze a parlare di Marx e di letteratura, di Carlos Drummond de Andrade e di lotta contadina, dell'Amazzonia umiliata. Nel Flamengo, al fianco di Zico, si è tolto le ultime soddisfazioni di una carriera ricca di tante verità e di poche contraddizioni. Adesso, passeggia per le strade insidiose di San Paolo incontrando, nei bar e nei parchi, la gente comune. Il discorso parte dal futebol e dal carnevale per andare oltre: verso i problemi di chi, giorno dopo giorno, combatte il match della vita, per un pezzo di pane, per un piatto di riso. Come servirebbe un dottor Socrates in Italia, qui da noi, tra le nostre ipocrisie e il nostro quotidiano malessere. Come servirebbero le sue parole: forti e nel contempo leggero. Parole che raccontano gli uomini: con dignità, con amore.
12 maggio 2001

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