maria, angelina e rosalia di girolamo

giovedì 8 marzo 2012

Donne, una strage per "malamore"


Sono già 24 le donne uccise in questi primi due mesi del 2012
di Eugenia Tognotti

Quante volte, in questo 2012, dovremo ancora vedere, in televisione o sui giornali, corpi portati via da una casa? Quante volte dovremo vedere corpi distesi in strada, nella rigidità della morte sotto lenzuola bianche, accanto a volti di donne e ragazze sorridenti, la cui vita si è persa in lunghi rivoli di sangue? E quanti drammi e tragedie del «malamore», di un amore malsano, estremo, egoistico, dovremo ancora contare? Neppure il tempo di aggiornare la conta con le due donne uccise sabato notte a Brescia dal marito di una di loro, ed ecco arrivare dalla città di Giulietta e Romeo, la notizia di un'altra vittima per mano di un uomo. Ormai è un vero e proprio bollettino di guerra: alla vigilia dell'8 marzo sono ben ventiquattro le donne morte ammazzate dal capodanno del 2012, ad opera di ex mariti, fidanzati/conviventi o amanti, spinti da un demone che si nutre di gelosia e di desiderio di possesso, incapaci di mettere la parola fine a un rapporto. Se mi lasci, ti ammazzo. A colpi di pistola, con coltello, a pugni e calci, a sprangate, a casa o in strada.

Viene da interrogarsi sul perché, in pieno XXI secolo, la gelosia uccide ancora e provoca così tante vittime in un tempo in cui sembra aver cambiato motivazioni e faccia: non più la gelosia da onore tradito, un'attenuante contemplata nei vecchi codici penali. Oggi il solo abbandono, è sufficiente a mettere in crisi la precarietà di un equilibrio, e l'angoscia della solitudine sembra diventare un detonatore di violenza. Tra gli assassini - non «mostri», ma persone «normali», quasi sempre senza precedenti penali - ci sono quelli che vivono il distacco e la separazione come un dramma. E chi uccide «per troppo amore». È ora di prenderne atto: in Italia il femminicidio - per usare un nuovo termine che include tutte le forme di violenza sistematica contro le donne - è diventato una vera e propria emergenza, tanto da meritarci il primo posto nella tenebrosa classifica di Paese che in Europa detiene il primato degli omicidi in famiglia. Ed è davvero impressionante prendere atto che il numero dei delitti in famiglia supera quello del totale degli omicidi riconducibili alla malavita organizzata.

Sullo sfondo, il desiderio di possesso, la non accettazione dell'autonomia delle donne, la reazione alle loro conquiste e alle nuove libertà - anche nel cyberspazio - il loro mettere in discussione il vecchio potere patriarcale e i tradizionali ruoli sessuali, destabilizzati dalla rivoluzione femminista e non solo.

Non per niente, alcuni giorni fa, l'inviato speciale delle Nazioni Unite ha esplicitamente detto che nel nostro Paese la violenza contro le donne è sotto-denunciata «nel contesto di una società patriarcale e orientata alla famiglia, dove la violenza domestica non è sempre percepita come un crimine». Ecco, appunto. Proprio il fatto di classificare la violenza domestica come un fatto privato di quelle famiglie, di quelle coppie, ostacola l'assunzione di responsabilità a livello culturale e politico. Siamo, invece, di fronte ad una questione enormemente più complicata che rimanda, in generale, al nostro modello di civiltà, alla nostra cultura, all'idea di mascolinità, all'impatto dei cambiamenti delle donne che sta generando modifiche tali che nessun uomo può rimanere neutrale senza mettere in questione il proprio posto nel mondo, e non solo in rapporto alle donne.

Questo 8 marzo potrebbe essere l'occasione per aprire un dibattito su questi temi e per lanciare una grande campagna d'informazione contro la violenza, anche nelle forme poco visibili e impunite, come i «micromaschilismi», le pratiche di dominio maschile nella vita quotidiana. Occorrerebbe cominciare dalla scuola, affermando un'educazione ai sentimenti e al rapporto fra i sessi, capace di modificare una cultura e un'idea di mascolinità che si porta dietro il peso dei secoli.
7 marzo 2012

  

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